fondazione luchetta, ota, d’angelo, hrovatin | la casa di via Valussi

Grande serata, ieri, al Teatro Rossetti in occasione del Premio giornalistico intitolato a Marco Luchetta
Tanti i premi a  giornalisti, reporter, fotografi che hanno saputo con coraggio denunciare i mali del mondo
E’ stata premiata  Lilli Gruber, come Testimone della storia. E’ stato premiato Simone Cristicchi che con il suo toccante “Magazzino 18” ha saputo dissotterrare una pagina di storia dimenticata,  tra le più dolorose per queste terre.
Anche io mi sono portata a casa il mio piccolo premio: Viviana, la dolce responsabile della casa di Via Valussi, nel vedermi mi ha ringraziato in modo commovente per un post uscito qualche tempo fa.
Oggi ve lo ripropongo.

Vent’anni fa, il 28 gennaio 1994, durante la guerra nei Balcani, Marco Luchetta, Alessandro Ota e Dario D’angelo vennero uccisi da una granata, a Mostar.
I corpi dei tre italiani fecero da scudo ad un bambino di quattro anni, Zlatko.
In loro nome e in quello del cineoperatore triestino Miran Hrovatin, morto pochi mesi dopo a Mogadiscio, insieme ad Ilaria Alpi, per volontà delle famiglie, è sorta a Trieste la Fondazione che svolge un’opera in favore dei bambini malati, feriti, che non possono ricevere cure adeguate nei loro paesi o che si trovano in gravi difficoltà economiche.
La Fondazione gestisce delle case di accoglienza.
Sono andata a passare una mattinata in una di queste case, in via Valussi, a Trieste.
Una casa speciale, per gente speciale.
Una scaletta porta nel piccolo giardino dove i giochi  sono ordinati in un angolo.
Al centro un grosso albero. Dal giardino si entra nella grande cucina, accogliente e luminosa.


Livia e Lorena stanno tagliando delle patate. Sono in Italia da alcuni mesi. Sono venute dall’Ecuador insieme a Rosa, sorella di Livia, e alla nonna. Rosa ha da poco ricevuto il midollo da Livia ed è in isolamento, al Burlo, l’ospedale infantile di Trieste.
Erica, porta oramai con noncuranza la mascherina che la protegge da possibili infezioni. E’ in via di guarigione. Va e viene dal Burlo per le ultime cure e i vaccini, insieme al papà Alain. Un accompagnatore, volontario,  un c.d. “nonno” viene a prelevarli tutti i giorni con la macchina  per portarli, all’ora stabilita, al Burlo. Lì Erica ci va anche per fare scuola:  alcune insegnanti, volontarie, tengono le lezioni ai ragazzini malati in modo che possano proseguire i loro studi. “Tra poco tornerà dalle sue sorelle in Camerun”_ mi dice Alain, felice.


Freddy non è malato. E’ però il papà di Trinidad, attualmente in isolamento, per una recidiva. E’ tornato dall’Ecuador per curare la sua bambina. Attualmente vive in una casa dell’Agmen _ Associazione genitori emopatici e neoplastici Fvg_ ma tra poco si trasferirà in via Valussi. E’ venuto a trovare Livia e Lorena, che ha conosciuto qui e a portare un po’ di buon umore, nonostante tutto. E’ sempre sorridente, è  un tifoso sfegatato e sta organizzando una uscita per vedere una partita della  Triestina.


Shalom è arrivata dall’Eritrea.
E’ davanti alla televisione. Avrà circa sei anni. Sta guardando dei cartoni. Ha due occhi neri, profondi, vivacissimi. Parla perfettamente l’italiano. E’ qui con suo padre _ che, come mi dice lei “parla solo inglese,  ma ci penso io a parlare” _ per curare la sua gamba che non funziona. E’ allegra e si innamora della mia macchina fotografica, con la quale scatta alcune foto.
Una foto, bellissima, a  Giuditta, uno degli angeli di questa casa speciale, che si occupa di un po’ di tutto, anche di portare Shalom a vedere peppa pig al cinema!
Sofia, invece, è al piano di sopra in camera, con la sua mamma. Sta disegnando sul tavolo proprio sotto la finestra. Mi corre incontro, felice di mostrarmi il suo capolavoro. Anche Sofia ha sei anni ed  è arrivata in Italia dall’Ucraina grazie ad Auxilia. È una bambina di Chernobyl, già curata in patria ma dichiarata non più curabile. E’ qui in attesa di un trapianto di midollo. Il donatore è già stato individuato e tra poco inizierà  la sua cura.
A raccontarmi le storie di questi bambini, delle loro famiglie, di chi è passato di qui, di chi ce l’ha fatta e di chi invece no è Viviana, la responsabile di questa casa speciale. Anche il tè che mi offre ha un sapore speciale. E’ stato portato da un’ ospite  dalla Russia. E’ forte, come le persone che animano questa casa, ma allo stesso tempo dolce e rilassante.


Viviana  mi accompagna, insieme a Sadri, un allegro ragazzone albanese, in attesa di un rene, a visitare la casa.
Nove stanze,  per nove nuclei familiari, pronte ad accogliere bambini, provenienti dai posti più disparati, bisognosi di cure pesanti e costose. Alcune più grandi, per le famiglie più numerose, altre più piccole, alcune con il bagno, per i bimbi che devono ancora rimanere in semi isolamento. Tutte  tenute dagli ospiti ordinate e pulite.
La lavatrice comune, è spesso in funzione e si vedono qua e la panni stesi ad asciugare.
Ognuno porta qui un po’ della propria vita, dei propri problemi, della propria cultura, delle proprie tradizioni, della propria cucina.
A volte la convivenza è semplice, a volte meno.


“Ma poi tutto fila via liscio, come per incanto _ mi dice Viviana. Una magia che si rinnova ogni giorno nella gestione di un quotidiano, che a noi sembra normale ma che invece non è quello di tutti, come emerge anche dalle bellissime lettere di riconoscenza che ci arrivano e che ci riempiono di gioia”.
Viviana allude alla bellissima lettera di Cristina, moldava,  che è uscita d1alla casa guarita, e che i può leggere sul sito della Fondazione.
Via Valussi non è l’unica casa della Fondazione. C’è anche la casa di via Rossetti per l’ospitalità di persone che si trovano in temporaneo stato di disagio.
Accompagno Viviana a controllare i lavori di una nuova casa di accoglienza, in via Chiadino 7. Una bellissima casa con giardino, dove fervono i lavori in vista dell’inaugurazione.
La casa è stata inaugurata proprio ieri, a vent’anni da un brutto giorno, occasione di una bellissima realtà .

Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin O.N.L.U.S.
Sede legale: c/o Associazione della Stampa del F.V.G.
Corso Italia, 13 34122 Trieste
Sede amministrativa: Via Roma, 28 34132 Trieste
C.P.499 – 34100 Trieste tel.fax 040 3480098
Centri d’accoglienza:
Casa d’accoglienza via Pacifico Valussi, 5 34141 Trieste
Centro d’accoglienza via Domenico Rossetti, 8 34125 Trieste
INFOPOINT
via Valdirivo 21B, Trieste
Come aiutare la Fondazione

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1 Comment

  • viviana scrive:

    Grazie Francesca, ci hai raccontati con semplicità e bellezza! A presto

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