sardoni due la vendetta: i sardoni impanai di anto

Vorrei ritornare sull’argomento sardoni (barcolani s’intende!)
Quello dei sardoni è un tormentone del tutto triestino, quasi come la bora.
La mattina, d’estate – chè quella è la stagione dei sardoni – quando si passa davanti alle numerose pescherie sparse qua e là per la città spesso, sulle lavagne esposte al loro ingresso o scritto direttamente sulle loro vetrine, si annuncia, con grandi punti esclamativi, la pescata miracolosa dei tanto attesi barcolani a pasta bianca.

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Barcolani” da non confondere con quelli della vicina Grado, che sicuramente non sono così prelibati; “bianchissimi”; “sodi”; “pieni” – come se fosse possibile avere dei pesci vuoti! – ; “vivi”; “miracolosi”; “parlanti”: questi sono solo alcuni degli aggettivi che vengono appioppati ai nostri.
All’interno delle pescherie è tutto un gran parlare della qualità dei barcolani: saranno adatti ad essere marinati, oppure meglio per la tanto famosa panatura. E per cucinarli in savor? Non è raro che tra una battuta e l’altra, il dibattito si allarghi e si inserisca nella discussione qualche signora che ti sfodera una nuova ricetta oppure un qualche speciale accorgimento per una migliore doratura del sardone impanato.
Il sardone è un concentrato di questa città.
Non è un caso che quando un “foresto” viene a Trieste e voglia mangiare qualche cosa di tipicamente triestino, nel caso in cui si opti per un locale “con l’anima” (di cui Trieste è piena, basta scoprirli), lo si porta a mangiare sardoni impanai in una qualche bettola: primo piccolo passo verso la sua triestinizzazione.
Per iniziarvi ai piaceri della tavola triestina e affinchè compiate anche voi, a distanza, il primo passo verso la triestinizzazione, ecco la tanto famosa ricetta dei sardoni impanai, che mi ha dato la mia amica Antonella, ottima cuoca e buongustaia (io preferisco scrivere e mangiare piuttosto che cucinare. È meglio per tutti!)

I sardoni impanai di Antonella:

pulire i sardoni (la quantità dipende dal livello di fame che avete e dal numero di persone che mangiano), tagliando la testa e sfilando le interiora. Poi inciderli sul ventre per aprirli a libro, pulire eventuali resti delle interiora e diliscarli.
Passarli poi sotto l’acqua corrente e lasciarli scolare in uno scolapasta per qualche ora.

Io personalmente, quelle rare volte che mi sono avventurata a fare i sardoni impanai me li sono fatti pulire in pescheria. Vi avviso, però, che per un vero triestino questa è un’eresia; il pesce va sempre pulito a casa per poter controllare sia la perfetta pulizia sia la reale freschezza del pesce.
Continuiamo con la ricetta.

Per l’impanatura mettere su un piatto la farina, in un piatto fondo intermedio delle uova sbattute con un po’ di latte e un pizzico di sale – la Anto dice che ci va anche una grattuggiata di pepe misto, compreso il pepe rosa che da un buon sapore – infine il pane grattugiato su un terzo piatto. Passare i sardoni ad uno ad uno prima nella farina, poi nell’uovo ed in fine nel pan grattato. Quando i sardoni saranno tutti impanati, procedere alla loro frittura. Per la frittura, usare solo olio di arachidi, scaldarlo quanto basta e immergervi i sardoni. Quando saranno dorati da una parte, girarli. Poi, quando saranno ben cotti, scolarli ed asciugarli su carta assorbente. Infine, mangiarli accompagnati da un buon calice di Malvasjia Istriana freschissima (fondamentale per Antonella!).

Mmmm…. Mi è venuta l’acquolina in bocca!

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